domenica 1 gennaio 2017

Nino Iacovella







da Il bianco della pagina

Amo il giorno che sopravvive alla sua abitudine
di nascere e morire,
l'autunno che affiora da una pagina bianca,
e questo vento che riempie i vuoti del silenzio,
mentre noi siamo e seguiamo la strada


da Lande

Guardiamo il cielo aprirsi sul nostro tremore,
la nudità del paesaggio che chiama in rassegna
uccelli disorientati in un spazio vuoto

Nel freddo siamo la  carne che rimpolpa
le mascelle della terra

L’acqua del fiume in cerca della foce
scivola nell’ordine della natura,
l’unica direzione che la pianura sa dare

***

Rimase a osservare la quiete,
il bicchiere di vino in tavola
come un punto dove tracciare
la linea curva dei ricordi 

La finestra aperta al tempo
era un contorno disperso
nella sconfinata distesa dei campi

Nell'aratura scavava il giorno
che non voleva morire,
anche se la terra nel profondo
era già toccata nella carne viva,
con il freddo che a breve
avrebbe riportato il buio a casa

***

Siamo ai lati del viaggio, luci sfocate,
la pioggia che ha seminato il diluvio
sugli argini della strada

Lo sguardo raccoglie gli alberi sporadici,
le abitazioni sperdute,
l'acqua rimasta a sfamare i campi

Tra le radici di materia e memoria
siamo il dettaglio
che infrange la natura morta,
fuori da questo dipinto

***

Il vento spinge lontano le parole
di voci che chiamano in solitudine
i nomi dimenticati

Qualcuno si è perso lungo il fiume,
ma nel tempo s'impara che tutto torna
dalla porta di una preghiera

Domani l'alba sfiorerà gli insonni
baciando ancora sulla loro bocca un respiro

Sarà come farli riemergere da un sogno,
vederli nuotare sul limite che li tiene a galla,
come fosse la linea di superficie dell'acqua
come fosse l'orizzonte di questa pianura