giovedì 1 settembre 2016

Jean Robaey







dall’epica


seduto guarda verso la terra sente
dietro il mare
l’onda salire in sé dal cuore alla gola
quale cristo seduto sulla pietra
risponde o è già stato giudicato
già incoronato di spine e comincia
a perdersi lo sguardo verso l’alto
così il tuo con paletò e cappello
largo dalle larghe tese
battere nero
te la ricordi misteriosa luminosa
il mare che è femmina
lei a cui davi la mano
sei stato pazzo a perderla
corsa via a giocare con le onde
non so neanche come pronunciarla
raccoglie i resti della barca
i legni dispersi per la spiaggia
sopraffatti dall’onda
a farne un falò per la notte fredda mentre lei
la sente ancora piange lontana mentre lei
la sente ancora piange lontana cambia
la voce e l’aspetto fatica a distinguere
silenzio e pace cielo sole onde
ombre l’amaro dal brusco a dire
il fresco dell’alba o il freddo della notte
sopraffatto dall’onda che sente
battere alle sue spalle contro
lei che lo porta
se neanche la parola qui ci sarà
gocce che sono lacrime
ma non è lui che guarda sente
solo né solo importa il porto
vecchio il quartiere dove è nato
che sia tutto scomparso non è solo
a perdersi lo sguardo verso l’alto
a sentire dietro di sé il mare
salire dal cuore che batte irregolare
o meglio soffocato dal rumore dell’onda
non è solo
dispersa fu la barca i legni
alla fine l’ha trovata era il rumore
alla fine si volta
sicché sei pronto ora a riceverla