mercoledì 2 luglio 2014

Franco Scataglini




Ancona, Fontana delle Tredici Cannelle.



Voce senza figura


In 'sta conca de vechi
muri de cita' scura,
chi te porta ai orechi,
voce senza figura?

Chi 'n cor mio te fa drita
come punta de chiodo,
in 'sta carne ferita
chi me t'ha fato nodo?

                                                      











  
  (da E per un frutto piace tutto un orto, L’Astrogallo, Ancona 1973)
                                                                                                                                                                                                                                                                           




Vita e scritura


Per me vita e scritura
ene compagni, el sai,
tuta scancelatura
dopo dulor de sbai.

Se cerca 'n sono lindo
drento de se' e se trova
el biatola' d'un dindo
spersose 'nte la piova.


(da So’ rimaso la spina, L’Astrogallo, Ancona 1977)






O cita', crucifisse
a ochi de poeta
estragne case, in seta
(come chi se confisse

da bregno siderale
su marciapiede cupo)
va i angioli a lo sciupo
senza resiste.

Vale
come nodo scursore
che stroza la parola
al nasce scura in gola
(pero' senza dulore)

ogni logo.
Ah le bare
vote, de nisciun evo,
del cimitero abrevo
portato via dal mare

(da Carta laniena, Residenza, Ancona 1982)



Mirko


- Mirko - benzinareto
sortito for dal banco
de gerba scola
e' neto
el parabreza, bianco.

Quindicianni costreti
da 'na tuta: lavori.
Cosi' dietro a le reti
vedrai smuri' i culori

del mondo eternamente
(spuserai
avrai fioli
tuto sara' per niente)



(da Rimario agontano, Sceiwiller, Milano 1987)


martedì 1 luglio 2014

Francesco Scarabicchi




                                                            Ancona, Monumento ai Caduti.



La casa


Chissà chi era quella luce bassa
che illuminava appena il tavolino,
bagliore calmo tra la sponda e il libro,
chissà se si chiamava come allora
o dalle vele degli anni trasformava
la voce in lume dell’inverno bianco?



L’aiuola


C’è la corona di conchiglie grandi,
una terra mai mossa, quasi legno,
il piccolo oleandro, una panchina
che forse è stata verde,
un gatto rosso addormentato ai bordi,
ossi di pesca e cardi rinsecchiti.

Dei fasti della corte resta niente,
di quell’impero vegetale è il sonno
che tocca la ringhiera arrugginita,
gli scalini, la piccola fontana.
Ogni beltà è sparita come nube
a cui è negato il più lontano cielo.



Giulio


S’è perduto nei giorni, s’è smarrito,
lui che tornava, senza essere andato,
da un marciapiede del tardo pomeriggio, 
l’abito stretto col cappello alzato,
gli occhiali da sole e quel sorriso,
innocente, che dedicava al mondo.




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Da 1980.