sabato 14 dicembre 2013

In memoria di Giorgio Orelli




Questo 2013 per gli amanti della poesia si chiude con una notizia assai triste: la morte di Giorgio Orelli, lo scorso novembre.
Anche se Giorgio continuerà a vivere nelle sue poesie, né sarà possibile dimenticare il suo magistero, la scomparsa dell’amico ticinese lascia nel mio cuore un vuoto terribile.
Così, caro Giorgio,  se “non c’è mai / alcun verso che basti”, allora questa volta ti saluto "di lontano" con una fotografia, settembre 2006, che ci scattò tua moglie, ricordi?






domenica 1 dicembre 2013

Elio Tavilla




questo: bosco discavato che dissemina radici
di querula uvaspina, la dinamica furente delle aspre
contese dell’inverno: questo: non essere
presente, alla fine, punto
a capo

ma infine qui è il nero dominante
il tuttobianco, tuttonero nullasembiante
torna l’ostrica d’infanzia, schiude bella
l’apparenza del rossore sulle guance
e – dico –

                     che faceva nel settore dei ragazzi
la speranza
                     listata a lutto?




***




è terreno di caccia, con l’udito stanavi
gli animali, una propensione all’auto-
distruzione nei minimi dettagli, ma

erano piccoli di lontra o cosa? che aggiravano
l’ostacolo chiodato delle gabbie, la vita
che vedevano fuggire
                                               risaliva
al destino primitivo nelle tane acquatiche
ti voglio          raccontare




…………………………………………………………………………………………………………………..Inediti.

venerdì 1 novembre 2013

Ferruccio Benzoni





Giovanna

Vaga in un mare non ancora
alla vita, slontanandosi, s’agitava d’un niente
s’assottigliava
sbracciandosi, finché in pieno giorno non ci vedemmo più.



Notizie dalla solitudine

Dove ti tenevo sui ginocchi
e appena fuori ti perdevi
nel doppio giro del mio mantello,
peggio dei topi i libri l’ira
dei deportati hanno flagellato.




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Da Notizie dalla solitudine, Presentazione di Franco Fortini, S. Marco dei Giustiniani, Genova 1986.

mercoledì 2 ottobre 2013

Philippe Jaccottet





 Via Appia


È vero che G. ed io mancavamo di serietà; il conte Giacinto, il compositore, se la prese soprattutto con me, vedendoci ridere per una nuova follia che ci passava per la testa, e disse gravemente: «Lei mi sembra assai poco sensibile alla bellezza di questi luoghi. Goethe, passando come lei per la prima volta sulla Via Appia, aveva esclamato: “È qui che io sono nato!” e lei, lei scherza!». Mi sentii profondamente imbarazzato: evidentemente, ero inferiore al mio compito, orribilmente frivolo. Goethe … Senza dubbio anch’io, come lui, avrei dovuto appoggiarmi alla tomba di Cecilia Metella (la stessa che secondo il conte doveva assolutamente essere il sepolcro degli Scipioni) e sentire in me, se non proprio una nuova nascita, per lo meno qualche grande sommovimento. Dopo tutto, la colpa era di G., incapace di rispettare il momento sublime; e di quell’autista, anche, il quale, certo che saremmo stati assaliti dai vagabondi, seguiva a breve distanza, con tutti i fari accesi, turbando la magia della notte. E tuttavia, al fondo di me stesso, mentre avanzavamo tranquillamente tra i pini e le pietre antiche, davo vagamente ragione al conte. Sarebbe stato necessario essere soli e camminare in silenzio, accordando il passo al ritmo straordinariamente pacifico e solenne della campagna dove galleggiava, in fondo all’ombra pressoché chiara, la leggerezza bluastra delle colline. Sarebbe stato necessario arrestarsi in solitudine davanti a quella minuscola signora in piedi nel folto dell’erba, muta, e che tiene timidamente la mano sul cuore, da quel tempo consolare in cui per l’ultima volta portò la mano al suo cuore palpitante, riconducendovi a riparo le pieghe del velo, fino a che la morte la tramutasse in statua e il tempo la sprofondasse impercettibilmente nell’erba, dove non smette di passare il vento di Roma.




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Questa prosa, tratta dall’ormai irreperibile Libretto (traduzione di Fabio Pusterla, Scheiwiller, Milano 1995), è recentemente riapparsa in un prezioso volumetto dedicato al poeta: Philippe Jaccottet, La poesia, le figure, il paesaggio, a cura di Fabio Pusterla, con testi di Antonella Anedda, Franco Buffoni, Massimo Raffaeli, Francesco Scarabicchi, acquarelli e disegni di Anne-Marie Jaccottet (Casa Croci Mendrisio 2013).

lunedì 9 settembre 2013

Gottfried Benn




Ma tu?


Tu, effimero, devi chiudere gli occhi,
non è cuccagna quel che vi s’insinua,
di sera, nel locale, non si gode,
semplicemente, anche qui, ti disfai.

D’un tratto al banco un morto s’asside,
avvocato, con la sua rossa atrofia renale,
morto già da due anni, bella vedova,
ed eccolo vivo e vegeto che beve.

C’è stato già spesso anche il fiore
che ora è sul piano nel bar,
già cinquant’anni fa, sempre presente
Iddio sa quando, ogni tempo d’estate.

Ogni cosa continua, e dall’antica
si rivolge a una nuova posizione,
nel suo stato di base tutto resta –
ma tu – ?



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Da Aprèslude, traduzione di Ferruccio Masini, Einaudi, Torino 1966, p. 7.

giovedì 1 agosto 2013

Vittorio Sereni







Sereni nacque il 27 luglio 1913. Ricorre dunque quest'anno il centenario. Lo vorrei ricordare con la foto sopra, che scattai nel 2007 da Luino, dove appunto nacque, e le parole sue che seguono, tuttora attualissime.




Io sono fra quelli che augurano una rapida estinzione della società letteraria così com’è oggi: delle sue consuetudini, delle sue convenzioni e dei suoi cerimoniali; e cioè la cessazione dell’attuale rapporto scrittore-pubblico, e del modo in cui questo rapporto o mediazione avviene. Intendiamoci: uno scrittore non può non avere un pubblico, è giusto che lo abbia, ma che sia pubblico di ciò che lo scrittore scrive, non pubblico del personaggio che egli è o tende a diventare, demagogo, mattatore o sofista. Lo scrittore, in quanto individuo, in quanto persona, lo vedo più volentieri assorbito nella folla, nel popolo.




............................................................................................................................................In Ferdinando Camon, Vittorio Sereni. Il mestiere di poeta, Lerici editori, Milano 1965, p. 145.